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storiografia

Uno spettro s’aggira per l’Europa: la Comune

18/03/2016

di Federico Chabod, a cura di Filippo Benfante

Ricordare la Comune in tempi di guerra? Per il 145esimo anniversario dell’insurrezione parigina, che cade questo 18 marzo, riprendiamo un documento pubblicato nel giugno 1941 da uno dei più grandi storici italiani del Novecento, Federico Chabod. Siamo a un anno tondo dall’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale e nella scia dell’allora settantesimo anniversario della repressione della Comune, durante la “settimana di sangue” del 21-28 maggio 1871. Sul numero 5 della rivista Popoli. Quindicinale di storia e geografia, Chabod presentava una lettera del conte Zaluski, incaricato d’affari austro-ungarico presso il governo italiano, che informava il suo capo, conte Federico Ferdinando di Beust, cancelliere dell’impero austro-ungarico, delle preoccupazioni manifestate in una conversazione privata dal ministro degli affari esteri italiano, Emilio Visconti Venosta.

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Diritti politici e diritti civili. Una discussione sul voto alle donne nel 1848 a Padova e a Parigi

07/03/2016

a cura di Piero Brunello e Filippo Benfante

Il 27 maggio 1848, nel settimanale padovano Il Caffé Pedrocchi. Foglio politico letterario, uscì un Dialogo fra un cittadino ed una cittadina che qui riproponiamo con una nota di Piero Brunello. L’autore del dialogo era un uomo, Cesare Magarotto, che si firmava con la sigla C.M. e che naturalmente parlava anche a nome della donna. Il tema della discussione era l’estensione del diritto di voto alle donne. Magarotto aveva sei sorelle. Un mese prima, anche a Parigi si discuteva di che cosa doveva significare “universale” quando si parlava di diritti e di suffragio. Tra le stesse donne, come ricorda una nota di Filippo Benfante, le opinioni divergevano.

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San Nicolò patrono dei banchieri, degli ebrei e dei ladri

26/01/2016

di Reinhold C. Mueller

Come annunciato prima di Natale, chiudiamo un lungo ciclo cominciato in dicembre pensando ai riti e ai simboli di fine anno, con un altro intervento a proposito di san Nicolò del nostro amico Reinhold Mueller. Come di consueto quando si tratta di saggi lunghi, presentiamo qui di seguito un breve estratto (le prime pagine e le conclusioni); per leggere il testo integrale, cliccare qui. Oltre all’autore, ringraziamo Matteo Melchiorre per la generosa collaborazione.

1. Questo saggio propone un’incursione nei campi del diritto canonico e civile, della teologia, degli ebrei, dell’arte, dell’agiografia e della letteratura per richiamare l’attenzione su fonti relative a denaro e ricchezza che sono raramente frequentate dagli storici dell’economia. Sono fonti al tempo stesso letterarie – vite e miracoli di santi – e visive – la decorazione dello spazio ecclesiastico – che toccheranno diversi temi: l’elogio del credito; la razionalizzazione della ricchezza; la sollecitudine per il francescano usus pauper della ricchezza; l’interazione tra miracoli e impresa bancaria, sia cristiana che ebraica; l’incontro fra ebrei e cristiani nel mercato.

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Intimità marrana

31/12/2015

di Giovanni Levi

Le riflessioni di uno storico e biografo su come affrontare la questione dell’intimità: i rapporti tra biografia e vita, tra storia e psicanalisi, tra autore e personaggi, tra ricerca d’archivio ed esperienze e ricordi autobiografici. Questo saggio, inedito in italiano, è uscito in francese, sotto il titolo Intimité marrane, sulla rivista di psicanalisi Penser/Rêver (n. 25, 2014, pp. 103-113).

L’intimità è una emozione ambigua, che possiamo osservare dall’esterno ma che non possiamo verbalizzare. Ed è ambigua anche nel momento in cui si vive direttamente. È di fatto il luogo in cui convivono in conflitto conscio e inconscio, la divaricazione fra la vita conscia della veglia e quello che riappare nei sogni. La stessa intimità con sé stessi, la propria vita intima si manifesta come emozione ma non può superare la contraddittorietà dell’accettazione e della resistenza, dell’abbandono e della scelta. Gli storici e i biografi – è questo il mio mestiere – si scontrano sempre con la sensazione che le biografie cha ricostruiscono siano false, troppo coerenti, troppo lineari per affrontare davvero la vita dei personaggi che studiamo. Le vite che raccontiamo rischiano così sempre o di essere immaginate come esemplari, tipiche o di essere in qualche modo caricature. Di noi stessi sappiamo che i documenti che ognuno di noi lascia dietro di sé, non sono che frammenti miseri di qualcosa che li eccede enormemente.

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Un san Nicolò energico e un Maimonide comunista

24/12/2015

di Reinhold C. Mueller

Ritorniamo a san Nicolò, ai ricordi intorno alla festa e alle leggende intorno al santo, pubblicando il testo (rivisto per l’occasione) di un discorso d’auguri pronunciato da Reinhold Mueller presso il dipartimento di studi storici dell’università di Venezia nel dicembre 2014. All’inizio dell’anno nuovo torneremo sul tema, con un altro saggio, più lungo, di Mueller: allora, appassionati e curiosi delle leggende di san Nicolò, continuate a seguirci.

Comincerò questo discorso da Babbo Natale, nelle sembianze che ormai ci sono familiari: come si sa, questa immagine è nata dalla pubblicità della Coca Cola nel 1930 circa, e da allora è rimasta praticamente inalterata. I miei genitori con le mie tre sorelle sono emigrati dalla Germania negli Stati Uniti proprio negli anni trenta e in famiglia non era mai piaciuto questo Nicholaus – o Santa Claus – conciato in quella maniera. Abbiamo sempre festeggiato la vigilia di san Nicolò il 5 dicembre andando in giro attorno al tavolo da pranzo, con dei piatti vuoti in mano, cantando una canzone gioiosa in onore del santo. Finita la canzone, si metteva giù il piatto al proprio posto sperando che il santo venisse durante la notte. È sempre venuto… per fortuna nostra, e così la mattina successiva trovavamo i piatti pieni di biscotti di tradizione tedesca che mia madre aveva impiegato mesi a preparare e a nascondere da noi figli.

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L’Arsenale, gli arsenalotti, il sestiere di Castello e la città. Dalle pagine del “Gazzettino” (1945-2015)

05/12/2015

di Lucio Sponza

Comincia il periodo delle strenne: è San Nicolò. Per l’occasione, Lucio Sponza ci offre un suo saggio che esamina la rappresentazione dell’Arsenale e degli arsenalotti, e la discussione sulla loro “sorte”, attraverso le pagine del Gazzettino, dal 1945 a oggi. Vista la lunghezza del saggio, come di consueto ne proponiamo qui di seguito una parte (quella conclusiva); per scaricare il testo integrale, cliccare qui.

Quanto al rapporto fra l’Arsenale e Castello, gli abitanti di questo sestiere non sembravano più essere preoccupati per la lenta agonia di quella che era un tempo la loro principale fonte di lavoro e di identità professionale. Chiedevano invece il lancio turistico del sestiere, e a tale scopo fu istituito un comitato che si limitò ad avanzare queste richieste:

1) l’utilizzo dell’imbarcadero ACTV della Biennale come punto di imbarco e sbarco di tutto il traffico da Punta Sabbioni al Cavallino; 2) lo sgombero della Riva degli Schiavoni dai rimorchiatori e da buona parte dei mezzi ACTV; 3) la rivalutazione della stazione marittima di riva dei Sette Martiri, con afflusso di navi passeggeri; 4) la valorizzazione del Museo Navale (spesso chiuso per carenza di personale), della chiesa di S. Giorgio degli Schiavoni, della basilica di S. Pietro di Castello e in genere delle bellezze turistiche del sestiere; 5) la creazione al pontile dell’Arsenale di un vero e proprio terminal per la linea del Tronchetto e per altre linee turistiche. (“Il Gazzettino”, 1 giugno 1979)

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