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Letture

Dimmi che amici hai, ti dirò che storico sei

22/03/2014

di Gigi Cameroni

Il nostro Gigi Cameroni di recente ha ricevuto un consiglio da un amico: leggere un saggio dello storico Arnaldo Momigliano. Poi ha deciso di consigliarlo anche a noi. È un modo di fare che ci piace: questo genere di scambi è alla base dell’esistenza del nostro sito.

Cari amici di storiAmestre,

questa volta non ho aspettato molto per rifarmi vivo. Ho pensato di nuovo a voi dopo aver letto un saggio di Arnaldo Momigliano (1908-1987), storico dell’antichità e professore universitario che dai primi mesi del 1939 fu in esilio in Inghilterra, in seguito alle leggi razziali; durante la guerra avrebbe collaborato alle trasmissioni di Radio Londra, di cui avete parlato di recente; dopo la guerra decise che la sua carriera sarebbe proseguita stabilmente oltre Manica. 

Il saggio si intitola Le regole del giuoco nello studio della storia antica. Lasciate stare che io non l’avevo mai letto prima: è molto noto, sono sicuro che la maggior parte di voi lo conosce già. Io l’ho trovato nella raccolta di Momigliano, Storia e storiografia antica (il Mulino, Bologna 1987, pp. 15-24). Uscì per la prima volta negli “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, s. III, vol. IV, n. 4 (1974), pp. 1183-1192. Il mio amico Alberto che me l’ha consigliato ed è quindi all’origine di tutto, mi aveva rimandato a un’altra raccolta: Sui fondamenti della storia antica (Einaudi, Torino 1984, pp. 477-486). Metto subito avanti l’amicizia, intanto per ringraziare, a distanza, Alberto, e poi perché l’amicizia, insieme alla vita, sono le cose che più mi hanno colpito leggendo queste pagine di Momigliano.

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Archiviato in: Arnaldo Momigliano, Gigi Cameroni, Letture Etichettato con: storiografia

La prima guerra mondiale nei ricordi di Agatha Christie

12/03/2014

di Giannarosa Vivian

Giannarosa Vivian ha letto l’autobiografia di Agatha Christie e ce ne ripropone le parti relative agli anni della prima guerra mondiale. È il periodo in cui la ventenne Agatha Miller lavora come infermiera in un ospedale di Torquay, sulla costa del Devon, che accoglie anche i feriti dal fronte; si sposa prendendo il cognome di Christie; quando viene destinata a un monotono lavoro nel dispensario, comincia a pensare le sue storie poliziesche e crea Hercule Poirot. E gli ultimi mesi della guerra li passa a Londra, alle prese con le incombenze di una giovane donna che si trova a mandare avanti una casa.

1. Prima del 1913 non si era avuta alcuna premonizione della guerra, ricorda Agatha Christie nell’autobiografia che scrisse tra il 1950 e il 1965 e che uscì postuma nel 1977 (An Autobiography, Collins, London), tradotta l’anno dopo in italiano col titolo La mia vita (traduzione di Maria Giulia Castagnone, Mondadori, Milano 1978).

«Gli ufficiali di marina a volte scuotevano il capo e mormoravano “Der Tag”, ma l’avevamo già udito con tanta frequenza negli ultimi anni da finire per non prestarvi più attenzione. Poteva forse essere un ottimo spunto per un romanzo di spionaggio, ma la realtà era un’altra. Nessun paese sarebbe stato tanto pazzo da far guerra a un altro, tranne che in posti come la frontiera di nord-ovest o qualche angolo dimenticato» (p. 229). Questa la convinzione diffusa tra la gente.

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Archiviato in: Agatha Christie, Giannarosa Vivian, Letture Etichettato con: prima guerra mondiale, ricordi

Roncade dal neolitico agli anni Ottanta. Una lettura d’occasione

11/01/2014

di Plinio Vecchiato

Il nostro amico Plinio Vecchiato ha voluto renderci partecipi della recente lettura di un libro sulla storia di Roncade uscito nel 1991.

Per motivi del tutto indipendenti dalla mia volontà mi è toccato di sciropparmi La comunità roncadese nella sua storia, cultura e religione di Mario Andreazza (The courier, Firenze 1991). È un libro di quelli soliti che parte col fortunoso ritrovamento degli antichissimi manufatti in selce risalenti al neolitico e finisce con lo sviluppo dei mobilifici negli anni Ottanta, passando per l’urna cineraria di un signore venetico che di nome faceva Votunca, l’antico cardo e decumano, le vie di comunicazione di Annio Rufo («il pulsare di quella importantissima arteria significò calore e vita anche a qualche distanza dal nastro stradale»), il monastero benedettino, l’antico castello che però è una villa essendo «le mura costrutte ed ordinate per la comodità di una laboriosa fattoria o per una amena villeggiatura più che per la difesa dagli assalti», l’antica chiesa che sorge sulle antiche vestigia di un sacrario paleoqualcosa, gli illustri personaggi, le belle lavanderine, gli onesti artigiani che fanno gli antichi mestieri e i frugali contadini «d’indole rozza ma buona» guidati «dalla vigile opera dei parroci che condividono la situazione dei loro fedeli e li spronano al rispetto degli ideali cristiani ed alla venerazione verso l’autorità ricordando altresì che essa è a servizio del popolo»; e ancora, per venire al contemporaneo, i 234 «suoi [di Roncade] figli» morti nella prima («contributo alla Vittoria» e «sacrificio alla Patria»), quelli morti nella seconda, parte di qua e parte di là («fratelli divisi da rancori politici, interessi, e visioni distorte della vera salvezza della comunità civile»), il referendum del 2 giugno (perdono i monarchici, ma di un niente), l’elenco dei parroci, dei cappellani, delle suore, dei sindaci, delle giunte, cenni di demografia, note di araldica toponomastica e fonetica, lazzi e proverbi, curiosità varie tipo i semplici giuochi dei fanciulli d’un tempo e i mangiari delle feste, per finire con il coro, l’Avis, l’Aido e l’Associazione Veterani Calcio che dal 1977 crea «una rete di iniziative atte a cimentare la vera amicizia» e «cura con particolare attenzione, con coraggiosa disponibilità e sacrificio, la Sagra di San Giacomo» che si svolge in «una atmosfera di serena allegria» a differenza delle celebrazioni per la madonna dell’otto settembre che «un tempo avevano tutto il sapore paesano» mentre adesso «sono divenute forse un po’ sofisticate nella ricerca di una impostazione attuale che si compendia nella Pro Loco» (io ci sono stato, una volta, alla festa della madonna e ho avuto precisa quell’impressione lì: bello, per carità, ma sophisticated che mai coi sagrari unisoni in fitta schiera a fare i balli di gruppo).

L’autore del libro, laureato in storia a Firenze con Giovanni Spadolini relatore, era un prete di Roncade, di quelli paternalisti, l’importanza dello sport nel forgiare la gioventù, le pie donne al vespro, trevisani nel mondo, la Vita del Popolo… Parrebbe anche un filino fascista, d’altra parte se è vero che purtroppo a Roncade «il fascismo ostacola l’attività dell’azione cattolica» è vero anche che «durante il lungo periodo fascista la nostra comunità roncadese non ebbe a soffrire angherie, respirava la cultura e l’ideologia impartita nelle scuole, diffusa nella stampa, in un atteggiamento passivo, obbligato, ma comunque vivibile quotidianamente».

Questo pezzo qua secondo me è fenomenale. L’antefatto è che nel luglio 44 i partigiani uccidono il commissario politico di Roncade Raimondo Speranzon e due Menon da Roncade.

«Commosso il tributo del paese ai funerali, imponente la manifestazione, e serie minacce di vendetta; infatti si volevano impiccare due partigiani al passaggio del corteo funebre ma L’Arciprete e lo stesso Luigi Menon si opposero: furono infatti fucilati nei fossati del cimitero, privi di ogni assistenza religiosa».

Mi è piaciuto un sacco, specie dall’infatti in poi: L’Arciprete, il buon pastore, vedendo il gregge incline al capitale vizio dell’ira fu fermo nel riportare tutti alla ragione della pietà cristiana: non siamo mica bestie che pichiamo i tusi per strada mentre è in corso la religiosa funzione! Si coppino i tusi, ma con modestia, tirandogli piano con lo s’cioppo nel fosso del cimitero che peraltro viene anche comoda la traslazione.

Archiviato in: Letture, Plinio Vecchiato Etichettato con: antifascismo, clerico-fascismo, fascismo

Il mondo di oggi guardato da un editorialista di ieri. 9

08/01/2014

di Alain, a cura di Giacomo Corazzol

Cominciamo l’anno nuovo con il filosofo francese Alain letto e tradotto a Giacomo Corazzol. Con un pensiero particolare rivolto a tutti gli impiegati.

Bando ai convenevoli, di Alain

È inutile inveire, e non riesco a sopportare i luoghi comuni che si leggono e sentono dappertutto a proposito del venir meno della disciplina. È evidente che attorno a noi sta avvenendo un grande cambiamento. È evidente che il rispetto per le istituzioni – intendo dire un rispetto tutto fondato sulla gerarchia – è all’incirca morto. Ormai anche l’ultimo degli impiegati non esita a giudicare i propri capi. I padreterni non sono più salutati come una volta. È forse un male per la disciplina? Questo bisognerebbe esaminare.

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Archiviato in: Alain, Giacomo Corazzol, Letture

Letture a fianco della stufa economica

28/11/2013

di Carlo Freguglia

Passata l’estate, lasciato il fico, il nostro amico Carlo Freguglia continua a tenerci al corrente delle sue letture. Questa volta ci parla di Nicola Gardini, I Baroni. Come e perché sono fuggito dall’università italiana (Feltrinelli, Milano 2009). L’articolo è già apparso su “el Campanon. Rivista Feltrina”, a. XX, n.s., 31 (giugno 2013), pp. 56-60; ringraziamo la direzione della rivista che ci ha gentilmente concesso di riprenderlo.

Non va mica bene segnalare un libro a quattr’anni e passa dalla sua uscita. Salvo che ne sono venuto a conoscenza poche settimane fa. L’ho visto citato in una filippica contro un ex sindaco di Venezia. Per mia fortuna, e a mia parziale scusante, è stato ristampato in edizione economica proprio quest’anno.

Il libro parla parecchio di Feltre. Specialmente della sua università per antonomasia, vale a dire la sezione staccata di un istituto milanese nato sulle ceneri della Bocconi lingue, fiorita in cittadella or sarà mezzo secolo grazie agli auspici congiunti del professor Silvio Baridon e dell’onorevole Leandro Fusaro. L’unica vera, quella che, oltre a produrre laureati in gran copia, ha generato sulle principali vie d’accesso al borgo, grazie a degli amministratori più entusiasti che lungimiranti, una specifica segnaletica in bandone (città universitaria). Un’università che da qualche anno ha chiuso baracca e burattini ma, grazie a dio, non la biblioteca. Cosa ne sia della segnaletica vi saprò dire.

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Archiviato in: Carlo Freguglia, Letture Etichettato con: Feltre, università

Nessuno si consideri in salvo. Presentando Manlio Calegari

24/11/2013

di Piero Brunello

Pubblichiamo l’intervento con cui Piero Brunello ha introdotto Manlio Calegari, primo ospite della nuova serie degli “spunti-ni storici” di storiAmestre.

1. I soci di storiAmestre conoscono già Manlio Calegari. È venuto a trovarci più volte: ricordo la prima tanto tempo fa (forse i primi anni Novanta?), al Municipio di Mestre; poi, quando è uscito il quaderno di storiAmestre Pensieri da un motorino, di Gigi Corazzol, è stato lui, insieme a Giovanna Lazzarin, a presentarlo nella sede degli Itinerari educativi in via Pio X; un’altra volta, proprio in questa sede, ha presentato il suo Museo operaio, in cui ciascuno doveva scegliere un oggetto da mettere nel museo (un po’ quel che facciamo noi con la rubrica Oggetti del nostro sito). Abbiamo pubblicato una rievocazione sua e di Jeff Quiligotti sui fatti di Genova del 1960, in occasione del cinquantenario. 

Oggi Manlio ci rende partecipi delle sue riflessioni su una questione personale, se si vuole, ma che ha risvolti archivistici, storiografici e politici. Nel corso di un ventennio Manlio ha raccolto 201 cassette con interviste a ex partigiani e adesso, sembrandogli che quelle interviste possano essere difficilmente comprensibili se non a chi le ha raccolte, cioè a lui stesso, si chiede cosa farne. Su questo ci ha mandato gentilmente uno scritto per il nostro sito. Comincia così:

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Archiviato in: La città invisibile, Letture, Piero Brunello Etichettato con: antifascismo, presentazione, Resistenza, spunti-ni storici, storia del lavoro, storia orale, storiografia

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